“La mamma, la mia mamma” urlavo dentro
attaccata al tuo collo, io che piangevo.
Beppino, ti ricordi nostra madre,
te la ricordi, Beppi, ti ricordi?
C’era il vento tra i viali al cimitero
e solo due bambini tra le tombe,
gli uccelli pigolavano e un piccone
battuto su una pietra risuonava.
Ho portato a mia madre i gigli rossi,
quelli che sulla terra sanguinavano
sulla cima dei monti calpestati
anche in Grecia dai piedi dei pastori.
Le rose del mio pianto rifioriscono
sulla tua tomba, madre che sei morta.
Madre, mammina bella, madre mia
che mi hai dato la vita perché io viva.
A gioco finito una festa
con nella notte la morte.
Mi obnubilai vedendolo
piansi trent'anni dopo.
La voce che mi torna con quest'arte
che per te mi piaceva
rende viva di pianto la memoria
delle cose che avemmo
che non potrò mai più riavere uguali
neanche dentro il ricordo
del tempo che per te conobbi vivo.
Io mi sono molto spaventata
cinquantacinque anni fa
di andare contro l’Italia
di Giacomo Leopardi:
Italia sempre solo e ancora pianto.
Non per il mondo perso nei ricordi
della storia che non torna eguale
se non nel desiderio di chi ignora
il tempo che si cambia sempre nuovo
nascendo dal passato che distrugge,
ma per la vita d'oggi che ci muore.
Non ne parlai a nessuno
neanche all’ispiratore
con cui durante l’impresa
che durò un anno
vinsi perfino una gara di sci
ma fortunatamente continuai.
Italia sempre solo e ancora pianto.
Non per il mondo perso nei ricordi
della storia che non torna eguale
se non nel desiderio di chi ignora
il tempo che si cambia sempre nuovo
nascendo dal passato che distrugge,
ma per la vita d'oggi che ci muore.
Piango solo perduta la speranza
dei giorni della rabbia e dell'angoscia
dell'ira che nell'odio ci sconvolse
strappandoci con lacrime alla guerra
poiché nella rovina il nostro volto
ritrovammo e il senso della vita
con l'armonia del tempo la natura
e fummo insieme liberi e fratelli.